L’essenza di questa riflessione risiede nella distinzione tra “fare/avere” ed “essere”, un tema affrontato da diversi. Erich Fromm, per esempio, ha esplorato questa dicotomia nel suo libro “Avere o Essere?”, secondo me un libro ancora attuale e meritevole di attenzione.
La modalità dell’avere e del fare si concentra sulla proprietà, sull’accumulo di beni materiali, di successi, di realizzazioni di obiettivi, sulla ostentazione sui social, una ricerca di sicurezza data da qualcosa che sta fuori da noi, che non determiniamo noi ma che viene determinato dalla approvazione degli altri, il nostro riconoscimento sociale attraverso ciò. È una visione più esteriore, potremmo dire superficiale, che non appartiene agli aspetti profondi della vita. Sono ciò che faccio, sono ciò che possiedo.
D’altra parte, la modalità dell’essere riguarda la nostra essenza, la creatività e la connessione con gli altri. Riguarda le relazioni con gli altri e come scegliamo o come sentiamo che sia meglio per noi realizzare le cose.
Quindi faccio in base a ciò che sono o a ciò che desidero essere.
Immaginiamo di dover andare a Barcellona, potremmo scegliere l’aereo, non parlare con nessuno e lavorare con il nostro pc, arrivati potremmo correre alla Sagrada Familia e postare un selfie.
Oppure potremmo scegliere di andare in treno, di guardare fuori dal finestrino, cercare di creare relazioni con gli altri viaggiatori, arrivati a destinazione cercare i posti meno conosciuti ed ancora tradizionali per scoprire la vera essenza del posto.
Ecco, in questa semplice metafora, il fare è l’obiettivo, raggiungere Barcellona, in se e funzionale, l’essere è ciò che determina come raggiungerò Barcellona, quale tipo di viaggio sceglierò.
Uno schema che ci può aiutare a comprendere la differenza tra fare ed essere è quello della piramide e del cerchio.
Questo schema (elaborato da CeCoFeS) ci aiuta a vedere che quando siamo nella dinamica del fare, dell’avere o dell’apparire, la logica è quella del potere, ciò che guida le relazioni è la legge, la regola, la definizione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, la regola ci mette in condizione di ricercare l’approvazione di qualcuno, l’obiettivo di libertà che ci daremo sarà “libertà da”, libero dal capo ufficio, libero dalla religione, libero da una situazione che in qualche modo sento che mi opprime, proprio perchè nella logica dicotomica della regola, giusto / sbagliato.
Diversamente quando siamo nella dinamica dell’essere, la logica è quella della relazione, del legame affettivo, (non Barcellona, o meglio non solo Barcellona, ma anche il modo in cui la raggiungo), l’obiettivo di libertà sarà “libertà di” libero di essere come voglio, libero di cambiare, libero di scegliere.
Erich Fromm, nel suo libro, esplora come queste due modalità influenzino la nostra esistenza. Egli sostiene che l’essere è più significativo dell’avere. Quando ci identifichiamo con ciò che siamo, piuttosto che con ciò che possediamo, facciamo, possiamo ostentare, troviamo una sicurezza interiore e una vera identità.
Quando il nostro fare è coerente con il nostro essere allora l’autostima cresce, perché ci riconosciamo. Riconosciamo di essere ciò che desideriamo. Quando agiamo in linea con i nostri valori e autentici desideri, ci sentiamo realizzati e soddisfatti. Quando ci allontaniamo da questa coerenza, l’autostima ne risente.
In conclusione, rendere manifesto il nostro essere attraverso il fare richiede consapevolezza, autenticità e congruenza. Quando agiamo in modo coerente con chi siamo veramente, ci avviciniamo alla realizzazione di noi stessi e alla creazione di un mondo più autentico e significativo.